Tragedie come quella accaduta l’altra notte vicino a Torino fanno passare in secondo piano analisi economico/finanziarie.
Eppure, la sicurezza sul lavoro è un elemento che non può prescindere dagli aspetti finanziari. Al di là dell’incidente di Brandizzo, spesso la necessità di abbattere i costi e mantenere la profittabilità del business porta a ridurre i controlli e le attività indispensabile a garantire la sicurezza di chi è chiamato a svolgere lavori in condizioni spesso a rischio, se non pericolose. La crescita economica ed il benessere degli individui sono fattori fondamentali, ma forse il “PIL” non è l’unico aspetto da considerare: o meglio, forse il benessere di un Paese non è dato soltanto dalla crescita economica, ma andrebbe misurato tenendo conto di molti altri “contributori”, quale, appunto, la sicurezza sul posto di lavoro. Una classifica che, probabilmente, vede il nostro Paese senz’altro non ai primi posti.
Continua la “stagione” dei dati sull’inflazione.
Ieri sono stati resi noti quelli italiani, oltre ad avere la conferma di quelli della zona UE.
In Italia, secondo le stime Istat, siamo al 5,5%, contro il 5,9% di luglio (a dicembre 22 eravamo all’11,6%). Un po’ diversa la situazione per quello che viene definito il “carrello della spesa”, costituito dai prodotti con “consumi ad alta frequenza”, il cui livello rimane ben oltre la “soglia di sicurezza”, collocandosi al 9,6%.
Un po’ meglio vanno le cose in Europa, con l’indice dei prezzi che si attesta al 5,3%, sugli stessi livelli di luglio, numeri che ribadiscono la “vischiosità” inflattiva, con una discesa più lenta e meno lineare di quanto si potesse sperare.
Da notare che negli USA le ultime indicazioni ci dicono che la crescita dei prezzi è al 3,3%: molto meglio, quindi, rispetto a questa sponda dell’oceano, però con il mese di agosto che ha visto i prezzi crescere dello 0,2% rispetto al mese precedente.
Peraltro, i prezzi non sono l’unico aspetto da considerare. L’andamento dell’occupazione, in questo senso, forse ricopre un ruolo ancora più importante, fornendo indicazioni sulle prospettive future. Si può notare, quindi, che in Europa il tasso di disoccupazione rimane ai minimi, pari al 6,4%. In Italia, invece, per quanto non sia così negativo vista la nostra storia, siamo al 7,6%: qualche segnale di preoccupazione deriva dal fatto che nel mese di luglio (mese importante vista la “stagionalità” turistica) gli occupati sono calati di 73.000 unità.
Insomma, la conferma che a metà settembre, per la BCE non sarà così semplice prendere una decisione, anche se in molti sono convinti che la “linea del rigore” prevarrà ancora una volta, come, non più tardi di ieri, le parole di Isabel Schnabel, membro tedesco del Consiglio Direttivo BCE ed esponente dell’ala meno moderata (i cosi detti “falchi”), costituita dai Paesi nordici, sembrano confermare (a suo parere la BCE non può interrompere proprio ora la propria azione, visto il perdurare del binomio prezzi alti e disoccupazione ai minimi: sono in molti, tra gli economisti, a pensare che un elevato livello occupazionale costituisce una “spinta” ai consumi e, di conseguenza, contribuisce a sostenere l’inflazione).
Ieri sera chiusura contrastata per Wall Street, con il Nasdaq appena positivo (+ 0,25%), mentre il Dow è arretrato dello 0,48%.
Questa mattina Hong Kong è chiusa per il “solito” uragano in transito da quelle parti.
A Tokyo il Nikkei si avvia a chiudere la quinta seduta consecutiva di rialzo, con l’indice che sale dello 0,28%.
Bene anche la borsa cinese, con Shanghai a + 0,40%.
In rialzo anche la Corea del Sud e l’India.
Futures poco mossi, appena sotto la parità in Europa, poco sopra invece a Wall Street.
Fiammata del petrolio, con il WTI che si porta ad oltre $ 83.
Gas naturale Usa a $ 2,757.
Leggera crescita per l’oro, a $ 1.957.
Spread a 164,4 bp.
BTP al 4.10%, ancora una volta esattamente sullo stesso livello del Treasury Usa.
Bund al 2,45%.
€/$ a 1,0845, con l’€ in lieve recupero.
Torna sotto i $ 26.000 il bitcoin, di nuovo sotto pressione.
Ps: comincia oggi il convegno Ambrosetti a Cernobbio. Secondo uno studio realizzato dall’ente organizzatore insieme a Microsoft, una massiccia applicazione dell’intelligenza artificiale da parte delle aziende italiane, potrebbe portare ad una crescita, per il nostro Paese, del PIL di oltre € 312 MD, più o meno il 18%, e pari ad una volta e mezza il PNRR che tante difficoltà (paradosso clamoroso) ci sta creando. Forse è il caso che si cominci a rivedere qualcosa…